La Tradizione nel Maestro

Scritto da Elena De Martin

Come ormai tutti hanno appreso in questi giorni, è venuto a mancare il nostro maestro Sharath R. Jois, nipote del già famoso Sri K. Pattabhi Jois, divulgatore nel mondo della pratica dell’Ashtanga Yoga. 

La sua improvvisa scomparsa ha portato una grande ferita nella comunità dell’Ashtanga Yoga in tutto il mondo e un immenso dolore a tutti noi studenti, da coloro che lo hanno conosciuto da bimbo e percorso molta strada con lui, a quelli che come me hanno studiato con lui per oltre un decennio, per chi lo aveva conosciuto e seguito negli ultimi anni e per chi non lo aveva conosciuto di persona ma essendo praticante di Ashtanga, riconosceva in lui il riferimento vivente più autorevole di questa tradizione yogica. 

Come è comprensibile, i messaggi di cordoglio e partecipazione per la dipartita di Sharath Jois sono stati innumerevoli, da parte di migliaia di persone che hanno sentito di condividere un pensiero, un ricordo e un saluto, oltre al desiderio di onorare la sua persona in vita e la sua anima nel suo viaggio di ritorno nella casa celeste. 

Le riflessioni che questo nefasto evento ha portato sono davvero infinite, e una di queste riguarda il valore della tradizione: cosa succederà ora, chi potrà succedere a lui, come continuerà il lignaggio e la sua purezza, come potrà mantenersi l’autenticità del messaggio dell’Ashtanga Yoga? 

Nella tradizione indiana e di conseguenza in ogni sua espressione, di generazione in generazione, è sempre stato riconosciuto un portatore del messaggio, colui che negli anni ha appreso la conoscenza dalla guida, dal maestro, dal guru e che poi nella continuazione della sua trasmissione è stato investito del ruolo di figura di riferimento per quella data tradizione.

La tradizione dell’Ashtanga Yoga così come la conosciamo oggi, trova il suo inizio con Sri Tirumalai Kṛṣṇamācārya, grande studioso dell’inizio del XX secolo che dedicò la sua vita alla conoscenza dello yoga e alla sua divulgazione. Egli imparò lo yoga dal suo maestro Ramamohan Brahmachari, con cui studiò per 8 anni nell’Himalaya in un periodo di totale ritiro e dedizione. Tornato alla vita nella società, rientrò a Mysore e divenne maestro di Sri K. Pattabhi Jois: si dice che insieme disposero la pratica dell’Ashtanga Yoga così come è conosciuta oggi, con precise sequenze di asana che si susseguono secondo una logica cristallina di non immediata comprensione ai non esperti. 

Da qui ebbe inizio la tradizione moderna dello yoga, che a quel tempo veniva insegnata a pochi studenti prescelti ma che cominciò ad avere un grande impatto e riconoscimento per la sua evidente validità sulla salute fisica e mentale dei praticanti. 

Non di poca importanza fu il contributo che il Maharaja di Mysore diede al riconoscimento dell’Ashtanga Yoga: egli cagionevole di salute, aveva sentito come lo yoga potesse essere curativo e terapeutico e saputo della presenza in città di Krishnamacharia lo invitò a palazzo perché gli impartisse le lezioni di Yoga. I benefici furono enormi e così fece in modo che anche la moglie e il resto della famiglia iniziassero a praticare. La presenza di Krishnamacharia alla corte del Maharaja, portò a palazzo anche il giovane Pattabhi Jois che divenne poi il più riconosciuto riferimento di questa pratica quando Krishnamacharia si trasferì a Madras (Chennai), chiamato dalla più importante scuola di Bharatanatyam, la più conosciuta danza indiana tradizionale, per insegnare yoga alle ballerine. Trasferitosi a Madras, ormai nella seconda parte della sua vita, aprì la sua famosa scuola Yoga Mandiram e li rimase fino ai suoi 101 anni di vita.

Sri K. Pattabhi Jois, che era già professore di sanscrito all’Università di Mysore oltre che direttore del dipartimento di Yoga da lui creato nella stessa università, alla fine degli ani ’40 aprì l’ Ashtanga Yoga Research Institute. Teneva le lezioni di Ashtanga Yoga in una piccola stanza della sua casa, cosa che permise a tanti indiani di conoscere e praticare questa disciplina.

Quello che segnò la vera svolta nell’Ashtanga Yoga e che permise a questa pratica di essere conosciuta nel mondo, fu l’arrivo a Mysore nel 1964 di un già esperto praticante di yoga che in un suo lungo viaggio in India andò a conoscere Sri K. Pattabhi Jois e a studiare con lui. Il suo nome era Andrée Van Lysebeth, belga di origine e assetato di conoscenza yogica, che divenne poi uno dei più riconosciuti maestri di yoga occidentali. Van Lysebeth scrisse diversi libri sullo yoga che permisero la conoscenza e la divulgazione dello stesso in occidente; in uno di questi libri raccontò dei suoi studi di Ashtanga Yoga a Mysore con Sri K. Pattabhi Jois, parlò del maestro e mise una sua foto. Bastò questo per dare inizio a quello che negli anni e decenni a seguire fu un vero e proprio esodo di studenti occidentali che arrivarono in India a Mysore per studiare con Pattabhi Jois chiamato poi dai suoi studenti Guruji, onorevole titolo indiano che si dà alle persone degne di rispetto e venerazione e in particolare alle guide spirituali.

Negli anni ’70 Guruji andò per la prima volta negli States invitato dai suoi studenti e da lì inizio nel tempo a viaggiare dall’America, all’Australia, all’Europa per divulgare la pratica. Molti dei suoi studenti occidentali che arrivarono da ogni parte per studiare con lui, iniziarono ad insegnare e contribuirono in modo determinante all’esodo davvero incredibile che ancora oggi continua.

Sri K. Pattabhi Jois ebbe 3 figli, Saraswati la primogenita, Manju e Ramesh, quest’ultimo scomparso prematuramente molto giovane. Manju durante il primo viaggio con suo padre in USA decise di fermarsi lì insegnando yoga, fino a stabilirsi per tutta la vita. Saraswati rimase sempre in India vicino alla famiglia, anche lei praticante di Yoga, insegnò per un periodo fino a che si dedicò totalmente alla famiglia. Ebbe 2 figli, Sharmila e Sharath e proprio quest’ultimo fu colui che la madre esortò a stare vicino al nonno per apprendere lo yoga e aiutarlo nel suo insegnamento.

Così intorno ai 20 anni Sharath cominciò a praticare seriamente yoga (già da bimbo aveva fatto qualcosa ma da adolescente aveva lasciato), fino a diventare un esperto e avanzato praticante di Ashtanga Yoga. Seguendo e assistendo il nonno materno per circa 20 anni, Sharath ha potuto vivere la grande espansione della disciplina, ha viaggiato sempre con Guruji standogli continuamente accanto, ha seguito e insegnato ai più avanzati studenti di Pattabhi Jois, ha trasmesso la conoscenza dell’Ashtanga Yoga a migliaia di studenti e nel periodo della vecchiaia del nonno, ha preso nel tempo in mano le redini dell’Ashtanga Yoga Research Institute. 

Al momento della morte di Sri K. Pattabhi Jois avvenuta nel 2009 a 93 anni, Sharath è diventato in modo naturale e indiscusso il suo successore e senza difficoltà il lavoro della divulgazione e dell’insegnamento dell’Ashtanga Yoga nelle mani di Sharath è continuato senza sosta diventando sempre più seguito dagli studenti occidentali che a migliaia (e non esagero) cercavano di venire a Mysore per studiare con lui. Alla morte del nonno ha cambiato il nome dell’istituto da AYRI  in KPJAYI K. Pattabhi Jois Ashtanga Yoga Institute, che tuttora continua a esistere sotto la guida della mamma Saraswati e della sorella Sharmila. Nel 2001 Saraswati aveva ripreso l’insegnamento assistendo il padre insieme al figlio e aprendosi anche le classi con i suoi studenti.

Per circa 5 anni Sharath e Saraswati hanno portato insieme avanti l’istituto, poi vista l’enorme affluenza di studenti non solo più occidentali, ma anche tantissimi asiatici principalmente dalla Cina, Giappone, Corea, Thailandia, hanno deciso di dividersi il lavoro in due realtà distinte. 

Ad un certo punto Sharath ha deciso di nominare la sua realtà SYC Sharath Yoga Center trasferendo recentemente le sue classi in un hangar situato in un’area fuori Mysore, capace di contenere le centinaia di studenti che arrivavano per studiare con lui.

E siamo così arrivati ai giorni nostri. Il triste epilogo di questo momento lo conosciamo.

Come si è potuto vedere, la storia della trasmissione della tradizione è un qualcosa di molto profondo e anche complesso,

perché non riguarda uno studio intellettuale come in altre discipline, qui si tratta di offrire la propria vita per questa conoscenza, che va ben più in profondità e riguarda lo stato del proprio essere, la propria anima, il proprio spirito. Diventare portatori autentici di una così vasta e profonda conoscenza dell’animo umano (perché è di questo che stiamo parlando) non è cosa facile; richiede in primis un lavoro su di sé ininterrotto e di non poca complessità, una stabilità personale e interiore molto sviluppata, la comprensione dei meccanismi della mente umana, un’integrità che non permette eccezioni e l’offerta integrale della propria persona a questa missione. 

La mia considerazione personale è che al giorno d’oggi con l’avvento della tecnologia sempre più invasivo e della comunicazione senza limiti, mantenere tutte queste qualità è davvero difficile. La grande esposizione a cui si è soggetti quando si investono ruoli così grandi rende il cammino dello yoga sicuramente più arduo nel mantenere radicamento, centratura, silenzio e ritiro verso se stessi. Il sistema attuale allontana dallo Yoga dell’origine, e invece di portarci dove lo yoga vuole, nel silenzio e nell’incontro con noi stessi, rende il maestro accessibile a tutti, cosa che da un punto di vista è molto bello, indiscutibilmente da un altro rende la ricerca da parte delle persone che vogliono avvicinarsi allo yoga, scontata, facile, disponibile e quindi di poco valore iniziatico.

Chissà se il tempo della tradizione e della trasmissione secondo il principio del Parampara, il passaggio del messaggio da maestro a discepolo che crea il lignaggio (cosa che per il pensiero indiano è di fondamentale importanza per mantenere l’autenticità e il valore del messaggio stesso) sta per terminare o troverà una modalità a noi sconosciuta per rimanere intatta e pura?

Nel caso dell’Ashtanga Yoga, in questo momento non si riesce a vedere un eventuale successore secondo i termini classici che ci sono stati finora. La scomparsa improvvisa di Sharath è stata troppo prematura affinché un suo diretto successore nella famiglia fosse pronto per questo ruolo. La madre Saraswati è avanti con l’età ed è sicuramente stanca oltre a dover superare la scomparsa del figlio; la sorella non ha avuto l’esperienza per sostenere un ruolo così pesante.

C’è però nel mondo un folto numero di studenti che hanno ricevuto da lui l’insegnamento e la trasmissione del messaggio, e forse è passato il tempo in cui il riferimento è solo uno e il luogo è solo uno. Non è cosa facile da vedere per molti di noi, ma come abbiamo imparato nella vita, la cosa certa e la sola che non cambia mai, è il cambiamento!

E’ sicuro che ognuno degli studenti che hanno dedicato la propria vita a questa ricerca continueranno con il loro lavoro e nel loro piccolo porteranno avanti la condivisione della pratica dell’Ashtanga Yoga; la cosa certa è che questa pratica non si perderà sicuramente e forse alla fine di tutto, questa è la vera e unica cosa importante.

Personalmente posso solo che ringraziare questi grandi maestri e i loro predecessori per aver permesso a così tanti studenti di conoscere questa incredibile pratica che è l’Ashtanga Yoga! Con il loro lavoro e la loro infinita dedizione hanno mantenuto viva la trasmissione che da oggi continuerà grazie a tutti noi che a nostra volta a questa disciplina abbiamo dedicato la nostra vita.

Un ringraziamento speciale va a Sharathji per l’incredibile lavoro svolto dopo la dipartita del nonno, nonostante il mondo fosse così cambiato e diverso nelle sue dinamiche, che so aver provocato pressioni e difficoltà di non facile gestione. La sua scomparsa in così giovane età lascia un vuoto incolmabile con cui tutta la nostra comunità nel mondo deve confrontarsi. 

E come disse un grande maestro risvegliato: quando un maestro se ne va ti sta facendo un grande dono, perché fa scoprire in te tutti i suoi insegnamenti.

Grazie Sharathji, qui a La Yoga Shala continueremo il lavoro!
Elena

Facebook