Aprirsi e Lasciarsi Andare alle Possibilità

Scritto da SILVIA MAGNI

Settimana scorsa ho letto un interessante articolo scritto da una mia compagna di questo incredibile viaggio interiore nel mondo dello yoga. L’articolo riguardava la paura, un sentimento che conosco molto bene e mi accompagna, fedelissimo, da che ho ricordi. Sono sempre stata fin da piccola una bambina paurosa; ogni momento di libertà e gioco è sempre stato accompagnato da una raccomandazione: “non farti male”, “non cadere”, “fai attenzione”. Queste preoccupazioni hanno poi caratterizzato anche la mia vita da adulta. Ho sempre preferito andare sul sicuro e non prendere eccessivi rischi anche nelle scelte importanti della vita, come il percorso di studi che mi avrebbe garantito con più facilità un lavoro sicuro o restare in una relazione anche quando, in fondo, sapevo che mi stava togliendo più di quanto non mi stesse dando. Da quando ho iniziato a praticare ashtanga yoga con impegno e dedizione ho iniziato ad ascoltare me stessa e silenziare le voci che provenivano da fuori. La pratica è il mio momento quotidiano per spegnere tutto il rumore esterno e porgere l’attenzione a tutto quello che emerge da dentro.

Insomma, ho smesso di cercare di essere la bambina che fa felice il resto del mondo e di diventare sempre di più una donna felice.

Con la pratica ho scoperto come il nostro corpo sia uno specchio rivelatore di quanto accade in noi, anche quando non riusciamo (o non vogliamo) affrontare ciò che ci sta comunicando.

Questa consapevolezza è arrivata quando ho iniziato a lavorare sui ponti, la postura prima delle chiusure finali. Si inizia dapprima da terra provando, come mi ha insegnato Elena, ad aumentare progressivamente il numero di respiri. Già dopo qualche tempo sono riuscita ad arrivare a mantenere ognuno dei tre ponti previsti dalla tradizione per 36 respiri, per un totale di 108, un numero dal grande valore simbolico nella tradizione yogica. Successivamente, quando il ponte è abbastanza solido, la schiena sufficientemente flessibile e le spalle abbastanza aperte, si incomincia a lavorare sul vero e proprio dropback, che consiste nel piegare la schiena indietro atterrando nel ponte per poi risalire in piedi. Ho iniziato a scendere piano piano camminando con le mani sul muro e con il supporto e i consigli dei preziosi assistenti che sono sempre presenti in shala, ma ben presto ho dovuto fare i conti con la paura di piegarmi indietro e lasciarmi andare. Lasciarsi andare all’indietro è un vero e proprio esercizio di fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. Il mio corpo era in grado di eseguire il movimento, ma la mia testa non riusciva ad affrontare la paura di aprirsi a questa possibilità.

Ricordo ancora la prima volta in cui sono riuscita a scendere nel ponte: ero ad un retreat e ci provavo ormai da diversi giorni, ma ogni volta che arrivava il momento fatidico scoppiavo letteralmente a piangere. Sono serviti un cuscino (assolutamente inutile da un punto di vista pratico), una buona dose di lacrime e l’incoraggiamento dalle mie compagne che hanno interrotto la loro pratica per mandarmi tutte le loro energie positive.

Anche imparare a risalire è stato un grande esercizio di fiducia e di apertura: occorre prendere un bel inspiro e lasciare che la testa rimanga indietro fino a che non si è completamente stabili sulle gambe. Alle volte capita di dover dondolare un po’, ma se il respiro è correttamente sincronizzato al movimento arriva il momento giusto per risalire.

Come nel dropback sul tappetino anche nella vita accade di dover fare i conti con la paura di lasciare andare e di aprirci all’ignoto.

Ci sono momenti nei quali si viene sopraffatti dalla difficoltà e si perdono i punti di riferimento. Così come la vita non ci manda mai delle situazioni che non siamo in grado di affrontare, una nuova postura arriva quando siamo in grado di eseguirla e sostenerla e la pratica mi ha insegnato a credere nelle mie possibilità di poterla fare. Se siamo disposti ad ascoltare ciò che la pratica fa emergere e ci lasciamo guidare con fiducia nel percorso, scopriremo di poter fare cose incredibili delle quali non ci saremmo mai ritenuti capaci.

Non posso dire che il mio dropback sia fluido, ancora oggi alle volte arranco con il respiro e fatico a risalire oppure mi capitano giorni in cui la schiena è molto rigida e atterro con più pesantezza, ma ora sono pronta ad accogliere tutti i messaggi del corpo, accettando i giorni di grande energia e anche i giorni in cui non riesco ad essere al massimo delle mie potenzialità. Qualsiasi cosa accada fuori o dentro il tappetino rimango fiduciosa di poter affrontare tutto, un asana alla volta, un respiro alla volta.
 
 Silvia
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