Un ritiro deve essere una “esperienza” dalla quale si riceve qualcosa di concreto, fattivo, applicabile nella vita di ogni giorno. Una direzione.
Questo ritiro, mi ha portata a contatto con altre persone alla ricerca come me, con la mia insegnante e guida (Elena), con una pratica rispettosa di se stessa, che mi accompagna e mi sostiene anche ora, a casa.
Se penso da quale distanza sono partita in questa avventura, mi stupisco di quanto tempo e dedizione richieda la trasformazione. E di che fede indefessa.
Fede in una pratica che, da semplice esibizionismo di abilità contorsionistica e voyeuristica auto-alimentazione dell’io, ti schiaccia sul tappetino e smuove ciò che e’ più vero.
Ho imparato che quando si è molto confusi e stanchi bisogna ripartire dal corpo.
E da un vero maestro.
Nulla era per me così risolutivo nel silenziare la mente come le escursioni in montagna, dove riconoscevo una unità mente-corpo-spirito nel procedere sul sentiero, che non trovavo in nessuna palestra o piscina.
Ma nello yoga sì. Era la mia montagna segreta.
Sentivo che con la pratica, la trasformazione avveniva impercettibile e continua, nel profondo.
E sapevo di aver trovato una degna e vera maestra, Elena, che non aggira mai i problemi, costringendomi ad affrontarli senza ambiguità e sotterfugi e che non insegna solo delle asana, ma yoga.
Sto ancora affrontando difficolta’ fisiche, frustrazioni relative alla mia eta’ (perché non ho iniziato più giovane?), rigidità (perché non sono elastica come…), aspettative deluse (la prima serie la finisco in 3 mesi e ci ho messo più’ di 3 anni)… insomma la mia mente, ma sento anche che c’e’, in questa disciplina, una verità più profonda, che scardina I normali schemi della mente e genera libertà.
“La verità vi fara’ liberi” (gv 8,31-42).
Ecco: lavoro per questa verità e per la leggerezza che porterà. Seguo il solco di una tradizione spirituale millenaria. Perché questo siamo: spirito incarnato.